Il costante errabondo desiderio di vagabondare in giro per il mondo e il desiderio di cambiamento, sono senz’altro queste le cose che sento tenermi più viva in assoluto, radicata nel cuore del mondo.
Fin da piccola guardavo ammaliata il mappamondo di mio fratello maggiore, una palla colorata principalmente di blu, poi verde, poi marrone e grigio.
Le zone desertiche erano grigie, come grigia ho sempre pensato possa essere la vita da stanziale.
La vita stanziale grigia?!
Ma che dici?!
Sono scelte.
E avete ragione.
Abbiamo tutti ragione.
A me capita talvolta di svegliarmi al mattino con un senso d’irrequietezza quasi impercettibile, e con un desiderio di partenza inspiegabile.
In teoria ci avrebbero dato un nome a questa sensazione definendola “wanderlust”, ma in pratica credo che le sfumature siano così molteplici che poi ognuno la chiami come meglio preferisca, perché è un qualcosa solo tuo, e magari non è solo nel mondo che ti vuoi perdere, magari ti vuoi perdere in te stesso, o per le vie della città, vagando per ore senza una meta, solo per scoprire qualcosa di nuovo che prima ti era sfuggito.
È quella sensazione che fatichi a condividere con chi non è sulla stessa lunghezza d’onda dei tuoi pensieri, e il solo provare a spiegarla ti farà passare per pazzo e visionario.
Di solito allora io mi alzo controvoglia, un po’ tormentata, senza sapere bene cosa realmente mi tormenti di più, se il non sapere cosa fare e dove andare dopo o il non sapere cosa fare di quello che ho avuto fino ad un secondo fa, e che improvvisamente non sento più mio.
E sono dilemmi, dilemmi infiniti.
È come voler essere sempre in perpetuo movimento, con la foga di chi non si vuole e non si può accontentare mai.
Sono cresciuta un po’ vagabonda, in 30 anni di vita conto più di 20 traslochi, 5 dei quali in terre straniere da quella natia. Sono nata in un luogo, ma cresciuta in altri, molti altri.
Ho fatto del mio vagabondare la mia espressione di vita.
Ho fatto del concetto di errante l’espressione che meglio mi si addice, ed in mezzo a tutto questo movimento e trambusto, in mezzo al cambiare tanti lavori ed altrettante case, amici ed abitudini, solo i miei affetti veri mi rendo conto essere fissi ed immutabili, la stella Polare dei miei sentimenti.
Del viaggio amo soprattutto quello che trovo: frammenti di persone che compongono il puzzle variegato dell’umanità.
Mi soffermo sui lineamenti delle persone, sul colore degli occhi, quello dei capelli, persino il profumo che mi possono ricordare passandoci accanto.
Allora comincio un viaggio nel viaggio, mi domando come sia la loro vita, quali i loro pensieri, se danno importanza alle mie stesse cose o ad altre, completamente diverse o magari simili, come possa essere stata la loro giornata, se soffrono, se sono felici, se sono preoccupati o sereni, se pensano al futuro o vivono il presente.
Dietro ogni persona c’è una storia immensa, di gioia, di dolore, di vita, di umanità, una storia incredibile per ognuno di noi.
Guardare al mondo ed alle persone con gli occhi di chi viaggia, ti permea dell’essenza delle vite di chi incontri.
Abitare in una città come Melbourne, dove multiculturalità e quotidianità diventano sinonimi, significa vivere costantemente in mezzo alla diversità, una diversità che poi diventa normalità, e ti sembra allora normalissimo vedere un gruppo di cinque ragazze in divisa da scuola, una di origine orientale, una di origine africana, una di origine europea, una di origine indiana ed una che indossa il velo, mangiare e scherzare sedute nel ristorante di un centro commerciale, ti sembra normalissimo vedere ragazzi di ogni etnia fare skateboard assieme al parco, ti sembra normalissimo vedere ragazzi per mano con ragazzi e ragazze per mano con ragazze.
Ti sembra poi normale andare in banca e trovare la persona allo sportello completamente rivestita di tatuaggi, o seguire un corso dove il tuo insegnante ha più di un piercing e non più 20 anni, ti sembra normale la libertà di espressione di chiunque, il non volere per forza abbinare i colori dei vestiti, o l’uscire mettendoti addosso qualcosa che non avresti mai pensato di mettere, solo perché adesso ti piace e per quanto eccentrica possa essere, nessuno se ne curerà.
L’integrazione è educazione, ed è come l’andare a scuola, si impara a conoscerla e farla propria, è come studiare storia o filosofia.
Melbourne ha fatto della diversità il suo punto di forza e la sua ragione d’essere, l’Australia in generale è un Paese fondato sull’immigrazione, una nazione giovane che ha posto le sue solide basi nella multiculturalità, ecco che allora ti ritrovi a conoscere persone che magari hanno un nonno italiano ed una nonna vietnamita, un genitore italo-vietnamita e l’altro polacco, e talvolta i volti delle persone che vedi sono un’incantevole esplosione di bellezza per quante storie diverse il loro viso ti può raccontare solo guardandolo.
L’Italia, la mia Italia, è un Paese meraviglioso, la gente ha un cuore grande, grandissimo, però credo manchi un po’ l’idea di questo concetto di integrazione che è e sarà il futuro.
Non parlo a nome di tutte, ma molte persone credono ancora che diverso ed ostile siano sinonimi.
La gente si spaventa di quello che non conosce, e la gente ama, adora, generalizzare.
È più facile dare un giudizio di valore, mascherarsi dietro l’ignoranza, piuttosto che informarsi seriamente o voler realmente capire, formandosi una propria opinione.
Credo che viaggiare ti possa aprire la mente come nessun’altra cosa al mondo, viaggiare è pratica, poca teoria, impari subito a trasformare quello che incontri viaggiando in idee, concetti, opinioni che sono si tuoi ma formati dall’interazione tra te ed il mondo, un qualcosa di enormemente più profondo.
Viaggiare ti rende empatico, perché mentre viaggi sei tu l’ospite riservato del mondo che ti accoglie, un mondo che non è solo il tuo mondo, e diventi consapevole che c’è dell’altro, e quest’altro non ha un Dio o un colore particolare, è solo umanità.
È difficile far capire alle persone che non devono sentirsi spaventate o minacciate, è difficile spiegare loro che tutte le brutture che accadono nel mondo ogni giorno hanno solo un comune denominatore che è l’essere umano in quanto tale, ed è ancora più difficile far loro capire che questo essere umano non necessariamente debba avere un colore o un credo per comportarsi in modo malvagio.
Ognuno di noi ha il sacrosanto diritto di vivere come meglio creda, ne sono fermamente convinta, davvero.
Ma questo sacrosanto diritto è tale se universalmente condiviso, senza distinzioni.
Io penso di essere stata molto fortunata, fortunata a sentirmi sempre curiosa nei confronti del mondo e non spaventata da esso, fortunata a poter viaggiare, fortunata a nascere nella parte “giusta” del mondo, quella dove non ci sono guerre, carestie, povertà assoluta ed orrori dai quali voler scappare, ed è proprio per tutte queste mie fortune che non mi sento di fare torto al mondo giudicando a priori.
A cadere nella banalità del male ci vuole un secondo, e a cercare di vivere senza pregiudizi ci vuole una vita. Secondo te quale delle due affermazioni è quella più vicina al tuo concetto di umanità?
[…]
Ehi, aspetta un attimo prima di cambiare pagina.
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In bocca al lupo!
Francesco
2 commenti su “UN’IDEA DI MONDO”
Ilaria hai una gemella vagabonda e irrequieta come te, e molto felice di esserlo, sappilo 🙂
Sapevo di non essere unica, felice di aver incontrato il tuo riscontro!